Ciclo vitale del tartufo

Il ciclo vitale del tartufo inizia quando l'infezione micorrizia prende le mosse dalla germinazione delle spore. Prima di essere in grado di germinare, le spore devono essere liberate dall'asco che le contiene, in seguito la loro superficie deve essere erosa in parte, e infine dopo una quiescenza (un'attesa più o meno lunga) si devono trovare nelle vicinanze di radici idonee al loro sviluppo.

In genere, la liberazione delle spore e l'erosione della loro superficie avviene per opera di microrganismi, come muffe e batteri, oppure animali (dalle volpi agli insetti) che se ne cibano. La durata della quiescenza di un tartufo sembra duri alcuni anni, in cui un ruolo molto importante è svolto alla temperatura; se le temperature sono basse per un certo periodo, l'attesa pare inferiore. Il filamento (ifa) esce dalle spore e cresce nell'avvicinarsi alle radici, percorrendo le radici corte e di assorbimento, fino a quando non incontra un altro filamento proveniente da un'altra spora: in questo modo inizia il processo e si forma la micorriza (l'infettabilità della micorriza è una caratteristica molto importante da considerare per alcune tecniche tartuficoltura). Dopo alcuni dall'infezione, si crea nella zona un'area circolare quasi prova di erba, detta brulis o pianello, nei cui pressi si iniziano a formare i corpi fruttiferi, ovvero i tartufi.

Il tartufo attraversa un lungo periodo di maturazione, che lo porta ad acquisire il suo tipico colore, odore, sapore e, ovviamente, forma; il suo sviluppo è una fase in cui separa il suo ciclo vitale da quello del micelio fungino e dalla micorriza. Grazie al metabolismo dei microorganismi presenti e a quello delle proprie cellule, le spore maturano, sviluppando i pigmenti e gli aromi che caratterizzano le varie specie di tartufi. Proprio per questo è possibile che un tartufo continui a svilupparsi e maturare anche dopo la raccolta, se conservato adeguatamente.

Ogni specie di tartufo ha la sua esigenza climatica, per giungere alla piena e matura formazione del corpo fruttifero. Ad esempio il tartufo nero vede formare il suo corpo fruttifero in estate, a profondità non molto elevate (dal suolo ai 50 cm di profondità), basate anche sul terreno in cui si inizia a sviluppare. In autunno, mentre il tartufo nero matura, la micorriza recede: alcune si staccano spontaneamente, altre rimangono come organi quiescenti, in grado di dare una nuova diffusione del fungo a primavera. Anche le spore prodotte dal disfacimento dei tartufi presenti nel suolo a fine processo aiuta il mantenimento della micorriza del tartufo stesso.

La produzione del tartufo è ovviamente soggetta a molti stimoli ambientali, in particolare climatici, tra cui l'innalzamento della temperatura, l'abbassamento del tasso di umidità e perfino la diffusione dei gas nell'atmosfera interna.

 

Indietro