Il Tuber aestivum Vitt. è il nome con cui è universalmente conosciuto questo tartufo, ma sarebbe meglio preferirgli il binomio Tuber Blotii. Chiamato colloquialmente tartufo nero d’estate, maggengo, scorzone o statareccio, è la specie più diffusa e comune nel nostro paese. In genere è ben poco stimato a causa della carne tigliosa e l’odore un po’ terroso, per questo rientra perciò nel novero dei tartufi più economici. Se in Italia la vendita ne è consentita anche come prodotto conservato, in Francia, anche in passato, veniva escluso da alcuni formati commerciali.
Il corpo fruttifero si presenta sferoidale o difforme, con dimensioni medie pari a quelle di un mandarino e spesso perfino più grandi. Il peridio è bruno-nerastro o del tutto nero, coperto da verruche poligonali (di 5-7 mm ai lati), che risultano spesso grossolane e in rilievo (con un larghezza da 3 a 12 mm), con striature caratteristiche e spigoli fessurati. L gleba passa da tonalità biancastre a brune con venature lattiginose. Le spore sono gialle o bruno pallido e subglobose, con reticoli irregolari e presenti negli aschi in numero da 1 a 4 (più raramente 6). L’odore è terroso e debole, e a piena maturità acquista una lieve fragranza sulfurea.
Oltre che in Italia, questo tartufo è la specie più presente in Europa, infatti la sua presenza è stata riscontrata in numerosissimi paesi, dal Portogallo alla Russia, dall’Olanda e l’area baltica all’Italia e la Spagna, fino ad Ungheria e Bulgaria, e diversi altri. Alcuni esemplari sono stati ritrovati perfino in Algeria. Le piante con cui vive in simbiosi sono più frequentemente querce, faggi, pioppi, noccioli, betulle, castagni, pini e carpini. Il suo ciclo di crescita copre tutto l’anno, con la maturazione che predilige i mesi da maggio a settembre. Visto la scarsa considerazione che si ha di questo tartufo, in genere non viene coltivato artificialmente, preferendogli specie di maggior pregio.